Il
riscatto della laurea ai fini della pensione
Un investimento redditizio e sicuro
Cosa bisogna sapere
In materia previdenziale
le idee invece di chiarirsi s’ingarbugliano sempre di più ingenerando sfiducia
e confusione tra i lavoratori.
Poi talvolta le notizie
sono approssimative, incomplete e conseguentemente fuorvianti.
Non ultimo si è scritto
e suggerito che non conviene assolutamente riscattare la laurea ai fini
pensionistici.
Si rileva la necessità
di un’informazione corretta e ci dobbiamo muovere senza cedere alla facile
demagogia.
Delucidiamo
il riscatto del corso legale di laurea ai fini della pensione.
Riscatto vuol dire
aggiungere alla posizione assicurativa un periodo privo di contribuzione che
torna utile in linea generale, per andare in pensione prima (diritto) con un
trattamento più favorevole (misura.)
In base alla
riforma del welfare-legge 247/07 in vigore dal 1° gennaio 2008, si sono allargati
i vantaggi in materia di riscatto dei corsi
universitari di studio, rispetto alle norme più restrittive della legge Dini
del 1995 rese applicative dall’art. 2 del decreto legislativo n. 184/1997.
Per determinare
quanto occorre versare per coprire con i contributi il riscatto di laurea,
l’Istituto Previdenziale effettua un vero e proprio calcolo simulato di quello
che sarebbe, una volta riscattato il periodo di studi, l'importo di pensione
cui avrebbe diritto l'interessato e lo confronta con quello determinato senza
il riscatto.
Per questo motivo l'importo della somma da versare per il
periodo di laurea non è uguale per tutti, essendo diverso da caso a caso in
rapporto a fattori variabili quali l'età del richiedente (più si è “vecchi” più
si paga), il periodo da riscattare, dal numero delle settimane accreditate al
momento della domanda di riscatto e dalla retribuzione rapportato al periodo da
acquisire.
Maggiore è la retribuzione, più
elevata è la contribuzione, quindi maggiore sarà la pensione successivamente
liquidata e perciò più "pesante" il costo del riscatto.
La base matematica per la definizione del costo di un riscatto tiene conto dei predetti fattori, in conformità a rilevazioni demografico-previdenziali e alla cosiddetta riserva matematica.
La base matematica per la definizione del costo di un riscatto tiene conto dei predetti fattori, in conformità a rilevazioni demografico-previdenziali e alla cosiddetta riserva matematica.
Con questo termine tecnico s’intende la quantità di denaro
necessaria per coprire il maggior impegno finanziario che l’Istituto
previdenziale dovrà sostenere per corrispondere la pensione di maggior importo
derivante dall'aumento dell'anzianità assicurativa prodotta dal riscatto.
Si può riscattare il corso legale di laurea a condizione che si sia ottenuto il titolo di studio (compresa la laurea conseguita all'estero se riconosciuta da un'università italiana), nonché i periodi di corsi professionali post-maturità.
A seguito del dettato introdotto dal decreto
legislativo 184 del 30 aprile 1997, in vigore dal 12 luglio 1997, sono
riscattabili anche, sempre che non siano coperti da contribuzione, i periodi
corrispondenti alla durata dei corsi di studio universitario a seguito dei
quali siano stati conseguiti:
-
i diplomi universitari (corsi di durata non inferiore a due anni e non
superiore a tre);
-
i diplomi di specializzazione;
-
i dottorati di ricerca, successivi alla laurea di
durata non inferiore a due anni.
Sono, invece, esclusi i periodi d’iscrizione fuori
corso e quelli già coperti da contribuzione obbligatoria.
Se il periodo corrispondente al corso
legale di laurea (iscrizione e fine), si colloca temporalmente nella posizione
assicurativa precedente al primo gennaio 1996,
si applica l’istituto del sistema retributivo.
L’aggiunta degli anni universitari può essere
strategica per il calcolo della pensione con il sistema retributivo in
genere più conveniente, il cui riferimento sono le retribuzioni godute
nell’ultima parte del periodo d’attività, anziché con il sistema contributivo
che considera l’ammontare dei contributi effettivamente versati nella vita
lavorativa.
In quest’ultimo caso il contributo di riscatto si
somma al montante contributivo che alla cessazione si moltiplica per il
coefficiente di trasformazione.
Per chi andrà in pensione con il sistema contributivo, il
discorso è diverso per quanto concerne il calcolo.
Non si fa più, infatti, riferimento ai coefficienti di cui
abbiamo parlato e il costo del riscatto sarà calcolato per ciascun anno
applicando alla retribuzione lorda dell'interessato la normale aliquota
contributiva vigente nel singolo periodo.
Per i periodi di studio che si collocano, quindi,
(con le stesse date d’inizio e fine) dopo il 31.12.1995, il calcolo è
fatto sulla base dello stipendio percepito nell’ultimo anno a ritroso dalla
data della domanda di riscatto.
Ad esempio:
- Data domanda 17.04.2016
- Corso laurea: 4 anni
- Reddito annuo: 18.000 euro (dal 16.04.2015 al 15.04.2016)
- Costo del riscatto: 33.00 % (aliquota contributiva per i dipendenti statali) di 18.000 = 5.940 x 4 = euro 23.760.
- L’onere al netto del beneficio fiscale si attesterà a circa 16.700 euro
La laurea riscattata oltre ad incidere sempre
sulla misura, indistintamente per ogni tipologia di pensione, ha valore ai
fini del raggiungimento dei requisiti contributivi per l’accesso alla pensione anticipata,
quindi si riduce l’attività lavorativa di un periodo pari a quello riscattato.
Per tutte le domande di riscatto presentate
dal 1° gennaio 2008, l’onere può essere versato in unica soluzione oppure
dilazionato in 120 rate mensili senza interessi.
E’ data la facoltà di chiedere il riscatto ancor prima di iniziare l’attività lavorativa dai soggetti non iscritti ad
alcuna forma obbligatoria di previdenza.
I cosiddetti
inoccupati.
In questo caso è stato fissato un contributo
che fa riferimento al minimale imponibile per artigiani e commercianti (il 33% di
15.000 euro circa nel 2015) per ogni anno da riscattare.
L’onere complessivo nel 2015 per una laurea di 4
anni sarà d’euro 20.000.
Il contributo è versato all’Inps e sarà rivalutato
annualmente secondo le regole del sistema contributivo e trasferito
successivamente, a richiesta dell’interessato, nella gestione previdenziale
presso la quale il soggetto si troverà iscritto all’atto dell’inizio
dell’attività lavorativa.
Il
contributo è detraibile dall’imposta dovuta dai soggetti di cui l’interessato sia
fiscalmente a carico nella misura del 19 per cento, e diventerà deducibile dall’imponibile fiscale
qualora lo stesso percepirà un reddito personale tassabile.
Si rammenta che a
seguito del decreto legislativo 47/2000 a far data dallo 01 .01.2001 i
contributi previdenziali sono interamente deducibili. E’ un aspetto molto
importante da tenere in considerazione nella stesura di un puntuale e compiuto
piano economico di convenienza.
La deducibilità si traduce in un consistente risparmio
tanto maggiore quanto più alto è il reddito e quindi il costo del riscatto si
riduce considerevolmente.
Ogni
lavoratore ha una propria posizione previdenziale individuale ed il riscatto
influisce sostanzialmente sull’assegno pensionistico vitalizio con riflessi
economici anche sull’assegno di reversibilità.
Indubbiamente per i giovani lavoratori che avranno
una pensione calcolata interamente con il sistema contributivo,
la convenienza dell’operazione si è lievemente ridimensionata rispetto al
sistema retributivo, ma rappresenta pur sempre un investimento seppur a
lungo termine, certo, sicuro, da non sottovalutare anche se i ritorni
possono essere visti assai lontani nel tempo.
Come si può costatare la tematica è complessa e delicata
dagli sviluppi giuridici economici molto rilevanti ed importanti.
Tanto premesso, si raccomanda ai lavoratori che hanno
titolo, di presentare immediatamente e sempre la richiesta di riscatto e prima
di prendere una decisione sull’accettazione o meno della determinazione
dell’Istituto Previdenziale (90 giorni dalla notifica), di analizzare
compiutamente e attentamente, possibilmente con un esperto “neutrale” l’effetto
che l’operazione comporta, con dati alla mano, sulla propria pensione di
domani.
Bisogna operare una scelta ragionata e consapevole
e non “ cadere “ nei meandri del pressappochismo, della superficialità, del
sentito dire…. costa troppo… non conviene…
Non
di meno bisogna guardarsi da chi propone di affidare l’equivalente capitale
alla Previdenza Complementare che vuol dire investire nei mercati finanziari
senza porre adeguatamente l’accento sulla rischiosità del sistema, sui costi, e
sull’aleatorietà del rendimento.
Giuliano Coan
Docente e consulente in
diritto previdenziale
Maggio 2016
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